LA VIA DI FRANCESCO IN TOSCANA DA ANGHIARI ALLA VERNA - 2° Giorno da Sansepolcro a Montagna - La via di Francesco in Toscana

LA VIA DI FRANCESCO IN TOSCANA DA ANGHIARI ALLA VERNA – 2° Giorno da Sansepolcro a Montagna

LA VIA DI FRANCESCO IN TOSCANA DA ANGHIARI ALLA VERNA – 1° Giorno da Anghiari a Sansepolcro
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LA VIA DI FRANCESCO IN TOSCANA DA ANGHIARI ALLA VERNA – 3° Giorno da Montagna all’Eremo di Cerbaiolo
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Articolo di Stefano Masetti

Ci allontaniamo di mattina presto da Sansepolcro. Il tracciato della seconda tappa parte dalla zona dell’ospedale. A dire il vero qui ci sono due alternative che vengono offerte ai pellegrini. La prima consiste nell’andare a imboccare il sentiero CAI n.4 che passa per la chiesetta di San Casciano e per un bosco di maestose querce attraversando colline terrazzate a olivo e vite.  La seconda, molto più semplice, ma più tediosa, è quella di seguire la strada statale che conduce direttamente alla frazione di Montagna. Io e Luca, dopo esserci consultati, decidiamo per la seconda soluzione, di certo non perché amiamo l’asfalto, ma perché vogliamo restare fedeli al tracciato ufficiale della VFT che ci è stato fornito prima della partenza. Dopo circa tre quarti d’ora di cammino giungiamo al bivio che porta direttamente al Monastero di Montecasale (attenti a non svoltare prima prendendo l’ asfaltata riservata alle automobili). Una volta superato il cimitero di San Martino, la via si mantiene quasi costantemente nel bosco e guadagna quota faticosamente. Siamo in quello che viene comunemente chiamato il bosco dello Speco tanto caro a San Francesco. Un luogo selvaggio, caratterizzato dalla presenza di caverne nascoste dai lecci e dalle giovani querce. Le rocce ricoperte di muschio ricordano quelle che circondano il santuario della Verna. Il sentiero sale ripido, ma ad ogni svolta merita una sosta, durante la quale Luca cerca di cogliere con la propria macchina fotografica tutta la magia e il mistero che ancora aleggiano fra queste pareti scoscese. Con un ultimo impegnativo tratto si arriva al “Sasso Spicco”.  Rispetto a quello più famoso della Verna è molto diverso ma altrettanto suggestivo. Qui il sasso  ha una forma del tutto particolare: è un grande massiccio sporgente che ricorda un lungo e grosso serpente, con la testa che si incunea verso il basso affacciandosi sul vuoto di una scarpata alta una sessantina di metri. Quando le acque sono abbondanti vi scorre  sopra il torrente Spisciolo che vi forma una singolare cascata. La tradizione vuole che qui Francesco gareggiasse con un usignolo nel cantare le lodi del signore. E’ certo che molti frati scelsero questa spelonca come loro ordinaria abitazione. Ancora oggi è un luogo di aspra solitudine e di profondo silenzio, rotto soltanto dal canto degli uccelli che Luca non perde l’occasione di registrare mentre due giovani cappuccini sono intenti a meditare nel punto più sporgente del masso con le gambe penzoloni nel vuoto. Anche noi rimaniamo a lungo ad ammirare quell’orrida bellezza dopo di che raggiungiamo l’Eremo di Montecasale dal cui balcone si può godere di un bellissimo panorama su Sansepolcro e sulla Valtiberina. Si dice che l’eremo sia sorto sulle rovine di un vecchio castello. Nel 1213 il luogo venne donato a San Francesco dai monaci camaldolesi e da allora è rimasto indissolubilmente legato alla storia francescana anche se nel corso del tempo ha conosciuto molti anni di oblio. Fra le molte leggende legate a Montecasale, quella che mi piace raccontare durante le mie escursioni dedicate alla figura del santo di Assisi, c’è quella dei tre ladroni. Si sa che nel medioevo le foreste erano considerate luoghi pericolosi dove spesso vi trovavano rifugio piccole bande di briganti . Sembra che al tempo in cui nell’eremo vi dimoravano già i frati, venuto a sapere della presenza di questi tre ladri San Francesco abbia consigliato ai propri confratelli di non scacciarli. Anzi, ordinò che ogni giorno venissero sfamati con del buon pane e del buon vino. Lasciati opportunamente sopra una grossa pietra. Con il passare del tempo, al pane e al vino vennero aggiunte uova e formaggio. Alla fine i briganti non solo entrarono in confidenza con i loro benefattori prestando loro aiuto nelle incombenze quotidiane, ma fecero penitenza ed entrarono a far parte dell’ordine tanto che morirono come frati a Montecasale e  di almeno due di loro vi si conservano i crani a imperituro ricordo di quello che potrebbe essere un fatto realmente accaduto. Del resto, la figura di San Francesco è legata ai briganti in tante altre  leggende. La stessa montagna della Verna sembra che si chiami così in quanto “Laverna” era la Dea dei ladri e degli impostori venerata dagli antichi romani. Forse, come riportato dalla tradizione, negli anfratti della Verna si nascondevano ladri e malfattori che prosperavano grazie al traffico viario. E lungo il ripido sentiero che conduce al Monte Penna, si trova il cosiddetto Masso di fra Lupo, un gigantesco dente di roccia che si è quasi staccato dalla montagna. Il nome si riferisce a un feroce brigante chiamato Lupo che angariava le persone del posto e i viandanti. I più ricchi venivano condotti a forza sulla cima di quel masso che diventava irraggiungibile una volta  tolte le passerelle con cui i banditi lo collegavano momentaneamente alla montagna. E lì vi rimanevano fino a quando i parenti non pagavano forti riscatti. Tutto questo andò avanti per un bel po’ fino a quando non arrivò Francesco che riuscì ad ammansire il bandito che si pentì e si fece frate.  Questa vicenda farebbe pensare che anche dietro alle molte storie di lupi ai quali viene associata la vita del santo (famosissima la leggenda del lupo di Gubbio) non si celino uomini sventurati o banditi che nel Medioevo si nascondevano nei boschi e nelle montagne vivendo ai margini della civiltà. Del resto Francesco insegnava a lodare Iddio proprio a quanti, forse, ritenevano di avere ben pochi motivi per farlo,viste le condizioni in cui vivevano. Francesco li invitava a considerare la loro condizione di reietti come una condizione privilegiata.  Quindi, anche il lupo di Gubbio potrebbe essere la metafora di un brigante Lupo, reso feroce dalla miseria e dal bisogno ma che riacquista la propria umanità nel momento in cui si sente accettato.

Oggi giorno, il luogo più raccolto e ricco di fascino di tutto l’eremo è la piccola chiesa dove si trova una statua lignea che rappresenta la Madonna col Bambino. Secondo la tradizione sarebbe stata portata qui dallo stesso San Francesco che l’avrebbe trovata fra le rovine del vecchio castello. Una perizia fatta dalle Belle Arti di Firenze (datata 1915) confermerebbe che si tratta di un’opera dei primi anni del secolo XII°. 

Prima di lasciare il monastero io e Luca facciamo scorta d’acqua alla Fonte di San Francesco che si trova presso il cancello dei carri. Secondo alcuni fu il santo che la fece scaturire dalla roccia  e la tradizione vuole che abbia proprietà curative. La strada per il secondo punto tappa passa per un’assolata strada bianca che entra ed esce dal bosco in un continuo saliscendi. Dopo circa un’ora di cammino ci accoglie una panoramica vallata che conduce alle case di Pischiano e da lì alla piccola e appartata località di Montagna dove ci attende la simpatica signora Ofelia del B&B Alla Battuta, il primo e storico alloggio per pellegrini della zona.

DA  SANSEPOLCRO A MONTAGNA

Lunghezza: 11,5 km

Salita: 500m

Discesa:150m

Tempo di percorrenza: 3h 45min (escluse le soste)

Tipologia: strada bianca (25%), strada asfaltata (25%), sentiero (50%).

Difficoltà: Media